APHRA BEHN
a cura di Nimei
10 luglio 1640 – 16 aprile 1689
"L'amore cessa di essere un piacere quando cessa di essere un segreto." APHRA BEHN
Aphra Behn è oggi famosa per essere stata la prima donna a guadagnarsi da vivere con la scrittura. E' stata scrittrice, poetessa e drammaturga inglese. I dati biografici sicuri sulla vita di Aphra Behn sono pochi e le informazioni, in particolare sulla prima parte della sua vita, sono scarse e contraddittorie: quasi certamente era nata nel Kent, vicino a Canterbury, il 10 luglio 1640 da Bartholomew Johnson, un barbiere, e Elizabeth Denham. Secondo un'altra versione, Aphra era la figlia di John e Amy Amis, e venne adottata dai Johnson. Elizabeth Denham era impiegata come infermiera per la famiglia del ricco barone John Colepeper, che viveva nelle vicinanze. Ciò fa supporre che Aphra sia cresciuta con i figli del barone. Il figlio più giovane, Thomas Colepeper, in seguito descrisse Aphra come sua sorellastra.
Nel 1663 visitò uno colonia inglese sul fiume Suriname, nella costa est del Venezuela (regione in seguito conosciuta come Suriname). Si presume che durante questo viaggio abbia incontrato un principe africano schiavizzato, la cui storia ha costituito la base per una delle sue opere più famose, Oroonoko, or the Royal Slave. L'opera viene considerata dai più, il primo romanzo abolizionista per il modo in cui la figura di Oroonoko viene tratteggiata rispetto alla rappresentazione dei colonizzatori, sebbene la schiavitù non venga mai criticata direttamente. La veridicità del suo viaggio in Suriname è stata spesso contestata; tuttavia, le prove raccolte sono state sufficienti a convincere la maggior parte degli studiosi che il viaggio della Behn abbia avuto luogo.
Poco dopo essere tornata in Inghilterra, nel 1664, Aphra Johnson sposa Johan Behn, un mercante tedesco di origine olandese. Poche notizie sono reperibili sul matrimonio, che peraltro durò pochi anni. Alcuni critici ritengono che il matrimonio non sia mai avvenuto e che la donna l'abbia fatto credere solo per poter essere considerata vedova, status più consono per ciò che aveva in mente di ottenere.
Dal 1666 Behn cominciò a frequentare la Corte, probabilmente grazie all'influenza di Thomas Colepeper e altri conoscenti, e le fu offerto da Carlo II d'Inghilterra il ruolo di spia politica a Anversa. Usò lo pseudonimo di Astrea, nome col quale in seguito avrebbe pubblicato buona parte dei suoi scritti. Tale situazione, però, non era lucrativa, visto che Carlo II era lento nei pagamenti (o non la pagava affatto) e le spese all'estero erano alte. Ciò la spinse a indebitarsi per tornare a Londra, dove si sforzò di farsi pagare da Carlo II: le sue richieste non vennero accolte, così fu arrestata per debiti. Venne in seguito rilasciata dietro un pagamento di provenienza sconosciuta, e da quel momento divenne una delle prime donne a mantenersi grazie al proprio impegno di scrittrice.
Coltivò l'amicizia di vari drammaturghi, e dal 1670 produsse diverse opere teatrali e romanzi, oltre a poesie e pamphlet. Nel 1688 vengono pubblicati i suoi ultimi racconti "The fair jilt" e "Agnes de Castro" ove è esaltato l'amore fra la protagonista e la principessa portoghese Constantia.
Aphra Behn morì nel 1689 e venne sepolta nell'Abbazia di Westminster. Conosciuta come “l’incomparabile Astrea” e “la Saffo inglese” ai giorni nostri. In italiano sono state tradotte le opere teatrali "Il Giramondo", "Lettera d’Amore ad un Gentiluomo", "Un caso fortunato".
Attività:
Debutta come autrice di teatro nel 1670, con The Forced Marriage: la commedia viene rappresentata al Duke's Theatre e che riscuote immediato successo, tanto che viene replicata per sei sere consecutive. Questo significa che l'autrice guadagnò l'incasso di due sere: per costume dell'epoca, il guadagno di ogni terzo giorno di rappresentazione spettava all'autore. Da qui alla sua morte (1689), la sua carriera artistica è costellata di successi, soprattutto per quanto riguarda l'apprezzamento del pubblico. Lo stesso apprezzamento non lo riceverà mai dalla critica: è la prima donna inglese che scrive per denaro e che non si nasconde dietro alla forzatura dello pseudonimo maschile. Per questo si guadagna l'appellativo di “poetessa prostituta”, proprio perché vende il suo ingegno invece del suo corpo. Ella stessa afferma di scrivere «[...] per la parte maschile che è in me, per il poeta che è in me[...]»1. Aphra Behn è stata poetessa e scrittrice, drammaturga e traduttrice di lavori letterari e scientifici (conosceva infatti il francese, l'italiano e lo spagnolo). È stata l'autrice più prolifica del suo tempo dopo John Dryden.
Come autrice di teatro non agì diversamente da come aveva agito Shakespeare, riesumando intrecci e storie già esistenti e manipolandoli con il suo genio, creando degli ottimi lavori teatrali. Come scrittrice indagò in modo originale e spregiudicato sulle classi sociali, sulla politica, sui rapporti tra i sessi e le razze. Come poetessa introdusse nei classici temi della poesia arcadica note di un erotismo allegro e sfacciato, nonché un sano umorismo: un importante esempio possiamo trovarlo nella poesia lirica The Disappointment (La Delusione, 1680). La poesia parla del pastore Lisandro che smania per possedere carnalmente la vergine Clori. Il pastore insegue la fanciulla fino a che non riesce ad imprigionarla: Clori sviene ed è quindi indifesa ai suoi piedi; Lisandro si spoglia velocemente per compiere lo stupro ma l'impotenza non glielo permette.
Oltre al tema dell'impotenza, la Behn non si fa scrupolo, nelle sue poesie, a trattare temi scabrosi come l'omosessualità, le sue relazioni con uomini e con donne o la violenza sessuale.
Alla fine del diciassettesimo secolo alle scrittrici veniva attribuita una naturale abilità nel trattare le questioni amorose, ma era loro proibito far entrare nei loro lavori l'erotismo o qualsiasi “sconcezza” (come appunto temi quali l'impotenza o l'omosessualità).
In un'epoca come questa il suo genio era considerato “mostruoso”: era così poco femminile da guadagnarsi da vivere scrivendo. Fu infatti insultata e sottoposta ad una forte censura per tutta la vita. Subito dopo la morte fu additata come cattivo esempio. È stata ignorata o svilita come autrice per tre secoli.
Le sue commedie sono spesso incentrate sulla satira della società inglese contemporanea e sul ruolo imposto alle donne.
Parla spesso di matrimoni combinati o esprime forti critiche nei confronti delle istituzioni: ad esempio in due commedie del 1682, The City Heiress e Romulus and Ersilia criticò gli ultimi anni del regno di Carlo II e per questo fu imprigionata.
Virginia Woolf scrive di lei in "Una stanza tutta per sé": "La signora Behn era una donna della classe media dotata di tutte le virtù plebee di umorismo vitalità e coraggio. [...] Dovette lavorare sullo stesso piano degli uomini. Con un lavoro durissimo riuscì a guadagnare abbastanza per tirare avanti. L'importanza di questo fatto supera quella di tutte le sue opere, perfino della splendida Mille martiri ho fatto, oppure di Amore in fantastico trionfo sedeva, perché è in questo momento che comincia la libertà della mente, o piuttosto la possibilità che un giorno o l'altro la mente sarà libera di scrivere ciò che crede. [...] E tutte le donne insieme dovrebbero cospargere di fiori la sua tomba, che si trova, assai scandalosamente ma direi giustamente, nell'abbazia di Westminster, perché fu lei a guadagnare loro il diritto di dar voce alla loro mente."
Commedie:
- The Forced Marriage (1670)
- The Amorous Prince (1671)
- The Dutch Lover (1673)
- Abdelazer (1676)
- The Town Fop (1676)
- The Rover, Parte 1 (1677) e 2 (1681)
- Sir Patient Fancy (1678)
- The Feigned Courtesans (1679)
- The Young King (1679)
- The False Count (1681)
- The Roundheads (1681)
- The City Heiress (1682)
- Like Father, Like Son (1682)
- The Lucky Chance (1686) with composer John Blow
- The Emperor of the Moon (1687)
Eseguite postume:
- The Widdow Ranter (1689)
- The Younger Brother (1696)
Novelle:
Saggi:
- The History of the Nun: or, the Fair Vow-Breaker (1688)
- The Dumb Virgin: Or, The Force of Imagination (1700)
Poemi:
- The Disappointment (Aphra Behn) (1680)
- On Her Loving Two Equally (1682)
- Poems upon Several Occasions (1684)
- The Lover's Watch or The Art of Making Love (1686)
- To The Fair Clarinda, Who Made Love to Me, Imagined More Than Woman (1688)
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"... faith, Sir, we are here to Day, and gone to Morrow."
-- Aphra Behn, The Lucky Chance
OPERE
THE DISAPPOINTMENT
by: Aphra Behn
I.
One day the amorous Lysander,
By an impatient passion swayed,
Surprised fair Cloris, that loved maid,
Who could defend herself no longer.
All things did with his love conspire;
The gilded planet of the day,
In his gay chariot drawn by fire,
Was now descending to the sea,
And left no light to guide the world,
But what from Cloris' brighter eyes was hurled.
II.
In a lone thicket made for love,
Silent as a yielding maid's consent,
She with a charming languishment,
Permits his force, yet gently strove;
Her hands his bosom softly meet,
But not to put him back designed,
Rather to draw him on inclined;
Whilst he lay trembling at her feet,
Resistance 'tis in vain to show;
She wants the power to say -- 'Ah! What d'ye do?'
III.
Her bright eyes sweet, and yet severe,
Where love and shame confusedly strive,
Fresh vigour to Lysander give;
And breathing faintly in his ear,
She cried -- 'Cease, cease -- your vain desire,
Or I'll call out -- what would you do?
My dearer honour even to you
I cannot, must not give -- retire,
Or take this life, whose chiefest part
I gave you with the conquest of my heart.'
IV.
But he as much unused to fear,
As he was capable of love,
The blessed minutes to improve,
Kisses her mouth, her neck, her hair;
Each touch her new desire alarms,
His burning trembling hand he pressed
Upon her swelling snowy breast,
While she lay panting in his arms.
All her unguarded beauties lie
The spoils and trophies of the enemy.
V.
And now without respect or fear,
He seeks the object of his vows,
(His love no modesty allows)
By swift degrees advancing where
His daring hand that altar siezed,
Where gods of love do sacrifice:
That awful throne, that paradise
Where rage is calmed, and anger pleased,
That fountain where delight still flows,
And gives the universal world repose.
VI.
Her balmy lips encountering his,
Their bodies, as their souls, are joined;
Where both in transports unconfined
Extend themselves upon the moss.
Cloris half dead and breathless lay;
Her soft eyes cast a humid light,
Such as divides the day and night;
Or falling stars, whose fires decay:
And now no signs of life she shows,
But what in short-breathed sighs returns and goes.
VII.
He saw how at her length she lay;
He saw her rising bosom bare;
Her loose thin robes, through which appear
A shape designed for love and play;
Abandoned by her pride and shame
She does her softest joys dispense,
Offering her virgin innocence
A victim to love's sacred flame;
While the o'er-ravished shepherd lies
Unable to perform the sacrifice.
VIII.
Ready to taste a thousand joys,
The too transported hapless swain
Found the vast pleasure turned to pain;
Pleasure which too much love destroys.
The willing garments by he laid,
And Heaven all opened to his view,
Mad to possess, himself he threw
On the defenceless lovely maid.
But oh what envious gods conspire
To snatch his power, yet leave him the desire!
IX.
Nature's support (without whose aid
She can no human being give)
Itself now wants the art to live;
Faintness its slackened nerves invade;
In vain th'enraged youth essayed
To call its fleeting vigour back,
No motion 'twill from motion take;
Excess of love his love betrayed.
In vain he toils, in vain commands;
The insensible fell weeping in his hand.
X.
In this so amorous cruel strife,
Where love and fate were too severe,
The poor Lysander in despair
Renounced his reason with his life.
Now all the brisk and active fire
That should the nobler part inflame,
Served to increase his rage and shame,
And left no spark of new desire:
Not all her naked charms could move
Or calm that rage that had debauched his love.
XI.
Cloris returning from the trance
Which love and soft desire had bred,
Her timorous hand she gently laid
(Or guided by design or chance)
Upon that fabulous Priapas,
That potent god, as poets feign;
But never did young shepherdess,
Gathering of fern upon the plain,
More nimbly draw her fingers back,
Finding beneath the verdant leaves, a snake.
XII.
Then Cloris her fair hand withdrew,
Finding that god of her desires
Disarmed of all his awful fires,
And cold as flowers bathed in morning dew.
Who can the nymph's confusion guess?
The blood forsook the hinder place,
And strewed with blushes all her face,
Which both disdain and shame expressed:
And from Lysander's arms she fled,
Leaving him fainting on the gloomy bed.
XIII.
Like lightning through the grove she hies,
Or Daphne from the Delphic god,
No print upon the grassy road
She leaves, t'instruct pursuing eyes.
The wind that wantoned in her hair,
And with her ruffled garments played,
Discovered in the flying maid
All that the gods e'er made, of fair.
So Venus, when her love was slain,
With fear and haste flew o'er the fatal plain.
XIV.
The nymph's resentments none but I
Can well imagine or condole:
But none can guess Lysander's soul,
But those who swayed his destiny.
His silent griefs swell up to storms,
And not one god his fury spares;
He cursed his birth, his fate, his stars
But more the shepherdess's charms,
Whose soft bewitching influence
Had damned him to the hell of impotence.
'The Disappointment' era stato pubblicato nei Poems on Several Occasions (1680) del Conte di Rochester e all'inizio si pensava che l'autore fosse Rochester stesso. Il poema è stato ristampato nei Poems on Several Occasions (1684) di Behn. |
LOVE ARMED
by: Aphra Behn
- Love in fantastic triumph sat,
- Whilst bleeding hearts around him flowed,
- For whom fresh pains he did create,
- And strange tyrannic power he showed,
- From thy bright eyes he took his fire,
- Which round about, in sport he hurled;
- But 'twas from mine, he took desire,
- Enough to undo the amorous world.
-
- From me he took his sighs and tears,
- From thee his pride and cruelty;
- From me his languishments and fears,
- And every killing dart from thee;
- Thus thou and I, the god have armed,
- And set him up a deity;
- But my poor heart alone is harmed,
- Whilst thine the victor is, and free.
'Love Armed' appare per la prima volta come 'Love in fantastic triumph sat' in Abdelazer (1677). Ristampata nei Poems on Several Occasions nel 1684; la versione del 1684 è quella scritta qui. |
ON DESIRE
by: Aphra Behn
- What art thou, oh! thou new-found pain?
- From what infection dost thou spring?
- Tell me -- oh! tell me, thou enchanting thing,
- Thy nature, and thy name;
- Inform me by what subtle art,
- What powerful influence,
- You got such vast dominion in a part
- Of my unheeded, and unguarded, heart,
- That fame and honour cannot drive ye thence.
-
- Oh! mischievous usurper of my peace;
- Oh! soft intruder on my solitude,
- Charming disturber of my ease,
- That hast my nobler fate pursued,
- And all the glories of my life subdued.
-
- Thou haunt'st my inconvenient hours;
- The business of the day, nor silence of the night,
- That should to cares and sleep invite,
- Can bid defiance to thy conquering powers.
-
- Where hast thou been this live-long age
- That from my birth till now,
- Thou never cloudst one thought engage,
- Or charm my soul with the uneasy rage
- That made it all its humble feebles know?
-
- Where wert thou, oh, malicious sprite,
- When shining honour did invite?
- When interest called, then thou wert shy,
- Nor to my aid one kind propension brought,
- Nor wouldst inspire one tender thought,
- When Princes at my feet did lie.
-
- When thou couldst mix ambition with my joy,
- Thou peevish phantom thou wert nice and coy,
- Not beauty could invite thee then
- Nor all the hearts of lavish men!
- Not all the powerful rhetoric of the tongue
- Not sacred wit could charm thee on;
- Not the soft play that lovers make,
- Nor sigh could fan thee to a fire,
- Not pleading tears, nor vows could thee awake,
- Or warm the unformed something -- to desire.
-
- Oft I've conjured thee to appear
- By youth, by love, by all their powers,
- Have searched and sought thee everywhere,
- In silent groves, in lonely bowers:
- On flowery beds where lovers wishing lie,
- In sheltering woods where sighing maids
- To their assigning shepherds hie,
- And hide their bushes in the gloom of shades.
- Yet there, even there, though youth assailed,
- Where beauty prostrate lay and fortune wooed,
- My heart insensible to neither bowed:
- Thy lucky aid was wanting to prevail.
-
- In courts I sought thee then, thy proper sphere
- But thou in crowds were stifled there,
- Interest did all the loving business do,
- Invites the youths and wins the virgins too.
- Or if by chance some heart the empire own
- (Ah power ingrate!) the slave must be undone.
-
- Tell me, thou nimble fire, that dost dilate
- Thy mighty force through every part,
- What god, or human power did thee create
- In me, till now, unfacile heart?
- Art thou some welcome plague sent from above
- In this dear form, this kind disguise?
- Or the false offspring of mistaken love,
- Begot by some soft thought that faintly strove,
- With the bright piercing beauties of Lysander's eyes?
-
- Yes, yes, tormenter, I have found thee now;
- And found to whom thou dost thy being owe,
- 'Tis thou the blushes dost impart,
- For thee this languishment I wear,
- 'Tis thou that tremblest in my heart
- When the dear shepherd does appear,
- I faint, I die with pleasing pain,
- My words intruding sighing break
- When e'er I touch the charming swain
- When e'er I gaze, when e'er I speak.
- Thy conscious fire is mingled with my love,
- As in the sanctified abodes
- Misguided worshippers approve
- The mixing idol with their gods.
- In vain, alas! in vain I strive
- With errors, which my soul do please and vex,
- For superstitions will survive,
- Purer religion to perplex.
-
- Oh! tell me you, philosophers, in love,
- That can its burning feverish fits control,
- By what strange arts you cure the soul,
- And the fierce calenture remove?
-
- Tell me, ye fair ones, that exchange desire,
- How 'tis you hid the kindling fire.
- Oh! would you but confess the truth,
- It is not real virtue makes you nice:
- But when you do resist the pressing youth,
- 'Tis want of dear desire, to thaw the virgin ice.
- And while your young adorers lie
- All languishing and hopeless at your feet,
- Raising new trophies to your chastity,
- Oh tell me, how you do remain discreet?
- How you suppress the rising sighs,
- And the soft yielding soul that wishes in your eyes?
- While to th' admiring crowd you nice are found;
- Some dear, some secret, youth that gives the wound
- Informs you, all your virtue's but a cheat
- And honour but a false disguise,
- Your modesty a necessary bait
- To gain the dull repute of being wise.
-
- Deceive the foolish world -- deceive it on,
- And veil your passions in your pride;
- But now I've found your feebles on my own,
- From me the needful fraud you cannot hide.
- Though 'tis a mighty power must move
- The soul to this degree of love,
- And though with virtue I the world perplex,
- Lysander finds the weakness of my sex,
- So Helen while from Theseus' arms she fled,
- To charming Paris yields her heart and bed.
'On Desire' era pubblicata in Lycidus, or the Lover in Fashion (1688). Poi ristampata nei Poems on Affairs of State (1697). |
ON HER LOVING TWO EQUALLY
by: Aphra Behn
I.
SOW strongly does my passion flow,
Divided equally 'twixt two?
Damon had ne'er subdued my heart,
Had not Alexis took his part;
Nor could Alexis powerful prove,
Without my Damon's aid, to gain my love.
II.
When my Alexis present is,
Then I for Damon sigh and mourn;
But when Alexis I do miss,
Damon gains nothing but my scorn.
But if it chance they both are by,
For both alike I languish, sigh, and die.
III.
Cure then, thou mighty winged god,
This restless fever in my blood;
One golden-pointed dart take back:
But which, O Cupid, wilt thou take?
If Damon's, all my hopes are crossed;
Or that of my Alexis, I am lost.
'On her Loving Two Equally' appare per la prima volta col titolo di 'How Strangely does my Passion grow' nella raccolta The False Count (1682). Ristampata nei Poems on Several Occasions (1684), nella versione che potete leggere qui. |
TO THE FAIR CLARINDA, WHO MADE LOVE TO ME, IMAGINED MORE THAN WOMAN
by: Aphra Behn
Fair lovely maid, or if that title be
Too weak, too feminine for nobler thee,
Permit a name that more approaches truth,
And let me call thee, lovely charming youth.
This last will justify my soft complaint,
While that may serve to lessen my constraint;
And without blushes I the youth pursue,
When so much beauteous woman is in view.
Against thy charms we struggle but in vain
With thy deluding form thou giv'st us pain,
While the bright nymph betrays us to the swain.
In pity to our sex sure thou wert sent,
That we might love, and yet be innocent:
For sure no crime with thee we can commit;
Or if we should -- thy form excuses it.
For who, that gathers fairest flowers believes
A snake lies hid beneath the fragrant leaves.
Thou beauteous wonder of a different kind,
Soft Cloris with the dear Alexis joined;
When e'er the manly part of thee, would plead
Thou tempts us with the image of the maid,
While we the noblest passions do extend
The love to Hermes, Aphrodite the friend.
'To the fair Clarinda' era pubblicata nella raccolta A Miscellany of New Poems by Several Hands (1688). |
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