L'ELEGANZA DEL RICCIO
Muriel Barbery 2007
L'audiolibro
Sin dalle prime righe pensavo alla Nothomb. Non è la prima volta, difatti, che attraverso la lingua francese ci giunge una scrittura straordinaria per originalità, raffinatezza e ordito culturale ricercato. Di nuovo la sorpresa e l’ammirazione incondizionata, la stessa che provai quando mi trovai a leggere uno dei raffinati intrighi creati dall’autrice belga.
Del resto deve essere un libro fuori dal comune se ha suscitato tanti commenti e tavole rotonde, mentre raccoglieva una messe di premi ragguardevole.
Eppure non vi ho trovato la leggerezza soave che molti reclamano al libro. L’ironia certamente.
L’ironia sulle attese esagerate che nutre l’essere insignificante chiamato uomo a proposito della sua condizione e del suo destino, per le quali ci consideriamo tout court esseri cosmocentrici, sociali e solidali, con finalità di salvezza nell’eterno.
L’illusione del fine sociale, riservato all’umanità nell’accezione comune, nel libro si capovolge in un antiaristotelismo che serenamente dimostra che si può star bene anzi ottimamente nella scorza della propria solitudine, che dunque acquisisce valenza positiva, quale luogo prediletto di tregua, di riflessione e soprattutto di crescita intellettuale. A difesa del bozzolo, nel quale la farfalla resterà sempre prigioniera, è opportuno mandare messaggi confondenti per l’umanità che transita davanti all’uscio, per confortarla nei suoi preconcetti sulla vita altrui.
Pochi sono chiamati alla coscienza di quanto sia arduo entrare in contatto con l’altro, dell’ignoranza e della volgarità che abita anche chi si fregia di un titolo accademico o sfoggia ricchezze, del pregiudizio che inficia di solito il parere. Più che disprezzo, costoro generano disinteresse e soprattutto un umorismo gratificante e ben dissimulato.
Nel libro, la stima per questa povera umanità che si trascina tra impegni banali e doppiezza sociale, è poca cosa. Nel groviglio generalizzato di menti annebbiate non si salva che qualche anima eletta che finalmente sa, per grazia o meglio per l’impegno personale profuso a migliorarsi interiormente, che siamo diretti al nulla e in balia del caso, che non c’è spazio per la condivisione. Eppure la saggezza suggerisce l’accettazione.
Agli illuminati tocca nascondersi per non dare scandalo, sovvertendo l’Ordine Sociale, in questa pessima pièce che l’umanità recita sul palcoscenico della quotidianità.
La signora Renée, portinaia dello stabile alto-borghese, ove si svolge la vicenda, nella pratica della mimesi possiede l’eleganza del riccio, nei suoi pungenti aculei tesi a tutela della propria intimità. In apparenza sciatta, grassa e ignorante, nonché appassionata di programmi televisivi stupidi, nella realtà è un’autodidatta non solo coltissima, quanto esperta di arte e filosofia. Chiusa nella corazza è anche la giovane Paloma, l’altro capo della corda della vita, alla quale Renée passerà il testimone. Anche lei si finge mediocre e disinteressata, come ci si aspetta da una dodicenne. A far incontrare le due clandestinità, un personaggio venuto dall’oriente, una sorta di deus ex machina, farà da catalizzatore, in realtà spingendo l’azione verso la catastrofe, quasi che la sfida all’incontro, ai sentimenti della reciprocità non possa che essere perduta. E tuttavia il filo della vita, il ciclo universale in senso democriteo che inizia e finisce su questa terra, non si logora. Come dicevo, Paloma ricomincia nel posto lasciato vuoto da Renée.
Personaggio affascinante, Renée si narra in prima persona, come del resto la giovanissima Paloma, la quale nella sua psicologia include talora qualcosa di stucchevole per eccesso di autocompiacimento, mentre Renée resta sempre perfetta nella sua intelligenza e lucidità. Dà l’impressione di entrare sempre in diretto contatto con idee, persone e situazioni, senza condizionamenti psicologici o la sovrastruttura di un bagaglio formativo convenzionale.
Anche pochi cenni danno conto di quanto elaborato sia il terreno germinale del libro, su cui si basa una scrittura solo apparentemente limpida ed accessibile, spesso, anzi, indulgente al ragionamento filosofico. E a questo proposito si ricorda che l’autrice è appunto laureata in tale disciplina, evidentemente suo habitus mentale, vista la naturalezza con la quale concede alla materia di far capolino qui e là.
Renée sin dal primo capitolo comincia a disquisire su Marx.
Sono proprio queste digressioni, fitte talora di veri e propri folgoranti aforismi, che forse generano in alcuni qualche perplessità nei riguardi del libro, che esalta o si rifiuta, senza vie di mezzo.
Intanto, come si diceva, quando sembra che tra le tre anime elette all’Autocoscienza e allo svelamento della Verità, si possa creare un legame, la vita in agguato, a suo piacere, sovverte le attese.
Sembra, a questo punto, una storia circoscritta al più nero pessimismo.
Il messaggio, tuttavia, che sembra venire dalle pagine del libro è doppio: esiste un grande freddo che ci avvolge, ma, nel contempo, possediamo adeguate risorse per neutralizzare il nostro deserto, sapienza che ci permetterà di evitare la disperazione e di godere degli istanti di pace che sapremo ritagliarci.
Ma pace, nel libro, è sinonimo di educazione all’arte, alla letteratura, alla conoscenza. La bellezza, in senso lato, non solo ci salva dallo squallore, ma rende la vita degna di essere vissuta.
Il percorso verso l’Armonia che il pensiero umano è in grado di compiere è l’elemento del divino, in senso ovviamente tutto terreno, che attiene all’uomo. Un divino fatto di tele dipinte, tomi e volumi, nei quali questo misero viandante dell’atomo opaco del male, riesce a superare i suoi limiti. Sulla cenere della tomba, il monumento lasciato in eredità dall’artista è il solo in grado di sfidare il Tempo.
Muriel Barbery, L’eleganza del riccio, Edizioni e/o 2007
Muriel Barbery, nata a Casablanca, in Marocco nel 1969, docente di filosofia presso l’Institut universitaire de formation des maîtres (Istituto universitario di formazione degli insegnanti), vive in Normandia.
Il suo romanzo L’Élégance du hérisson (L'eleganza del riccio) è stato una delle sorprese editoriali del 2006 in Francia: ha infatti avuto ben 50 ristampe ed ha venduto oltre 600.000 copie, occupando il primo posto nella classifica delle vendite per trenta settimane.
Ha pubblicato un’altra opera: Une gourmandise, Gallimard, 2000 ("Estasi culinarie", Edizioni e/o, 2008, precedentemente edito come Una golosità, Garzanti, 2001). Premio per il miglior libro di letteratura gastronomica.
30-12-2009 - L'Unità - GABRIELLA GALLOZZI