AMICHE MAI

Di Lora Delthe

http://mdincff.blogspot.it/2014/08/amiche-mai.html

 

- Non possiamo più continuare così! Lo capisci? Io ti amo e non voglio vergognarmi di noi. Cristina, tu non hai ucciso nessuno. Mi ami…
Le parole di Alessia le rimbombavano nella testa come colpi di cannone nel silenzio di una notte.
Il pomeriggio trascorso tra le sue braccia, ad amarla e riamarla. Due corpi un anima.
Gli occhi della sua ragazza impressi nella sua mente, come un tatuaggio indelebile. Il colore del cielo riflesso nel mare, le ciglia lunghe e i capelli che avevano il colore del miele e la pelle morbida e profumata, chiara come il latte, seta da accarezzare senza mai stancarsi.
Un corpo esile ma perfetto, un’oasi dove perdersi in ogni istante, senza tempo, senza spazio.
Attraversò il vialetto di casa, sotto il sole cocente di agosto. Gli spruzzi degli innaffiatoi le portavano un po’ di sollievo.
La porta di casa si chiuse alle sue spalle. Era arrivato il momento.
Cristina entrò in punta di piedi nell’atrio ombreggiato di quella casa vecchia come il mondo, tramandata di generazioni in generazioni fino a quando sua madre ne era entrata in possesso, prima della sua nascita.
Il ricordo delle sue mani sul suo corpo, mentre il fieno della rimessa le abbracciava, offrendo loro un dolce nido d’amore.
Il suo corpo fremeva al passaggio delle dita di Alessia, sentiva ogni sua cellula vibrare.
Occhi verdi, capelli castani e carnagione scura come il caffè. Alta, rigogliosa, attraente, con un viso perfetto e un musetto da birba. Gli occhiali da vista che le davano l’aria da intellettuale e un sorriso sempre pronto ad illuminare tutto quello che la circondava.
Cristina Righi si vestiva sempre da maschiaccio, preferiva i jeans stropicciati e con le toppe agli abiti di alta moda che sua madre, direttrice dell’istituto bancario del paese, le consigliava.
Erano sempre vissute da sole. Sua madre era stata abbandonata da suo padre,  il figlio di un diplomatico congolese, quando questi seppe del suo arrivo.
Il suo distinto nonnino non aveva voluto che il figlio fosse investito da uno scandalo e che il matrimonio che già aveva combinato per lui andasse all’aria.
Suo nonno aveva acquistato per loro quella villa, nella campagna toscana, aveva pressato qualche leccapiedi del luogo per garantire un posto di prestigio alla giovane futura mamma e se ne era lavato le mani.
Cristina non aveva mai conosciuto suo padre e non le era mancato.
Sonia, sua madre, non le aveva mai fatto mancare nulla. Le aveva dato il suo cognome e le aveva fatto vivere la vita che avrebbe voluto per se o forse aveva vissuto la vita al posto di sua figlia, senza negarle però, mai il suo supporto.
Il loro rapporto era speciale e la ragazza era molto legata alla sua mamma.
Cristina sorrise ancora nel ricordare Alessia che cercava la maglia all’interno di una balla di fieno, ormai dismessa.
- Amore!? Perché te ne stai li a ridere? Dammi una mano, grulla!
Avevano rifatto l’amore, non si stancavano mai l’una dell’altra.
Solitamente rimanevano abbracciate per tantissimo tempo, a respirarsi, a coccolarsi, a perdersi nei loro occhi. I loro cuori battevano impazziti come i tamburi della banda di paese durante le processioni.
Compagne di scuola dall’asilo alle superiori, vicine di casa da sempre.
Cristina e Alessia erano amiche da sempre o forse da mai.
Il padre di Alessia, Giorgio Mogliazzi, imprenditore edile, era quasi sempre fuori città e sua figlia, rimasta orfana di sua madre quando aveva sette anni, rimaneva a casa con sua sorella maggiore, Anita di sei anni più grande e suo marito, Alfredo.
Sua sorella era la sua miglior confidente, era stata la prima ad accorgersi che l’amicizia con Cristina era speciale e non definibile con quella parola ma con un’altra, più grande, più importante, più romantica.
Anita le aveva insegnato ad essere se stessa e di non vergognarsi mai della sua vita.
Alessia era molto timida, mentre Cristina estremamente estroversa. Si compensavano, si completavano, erano l’una la metà perfetta dell’altra.
Cristina sorrideva, si sentiva sicura, in paradiso. Era decisa, doveva affrontarla.
- Cri!? Sei tu?
Il cuore di Cristina riprese a battere senza freni, lo sentiva nelle orecchie, il respiro era divenuto affannoso, pesante. L’ansia saliva, i pensieri si annebbiavano e la paura le stringeva la gola come la mano sadica di un essere.
Le vennero in mente ancora gli occhi di Alessia, profondi e dolci. Prese coraggio e avanzò verso la cucina, dove sua madre, in un’impeccabile tubino bianco e nero stava preparando la cena.
La guardava e si meravigliava ancora della sua bellezza. Una bambina diventata donna a diciannove anni. Ora, splendida quarantenne, era una donna importante, di tutto rispetto.
Un fisico esile, piccolo ma molto ben proporzionato. Il sorriso di sua figlia che padroneggiava su un viso rotondo, la carnagione chiara in cui compariva qualche lentiggine, gli occhi castani e i capelli castani ramati, mossi, sempre legati in una pettinatura alta che le metteva in risalto il magnifico collo.
Aveva saputo farsi valere. Aveva dimostrato con i fatti che il posto che occupava in banca era del tutto meritato.
Il filo di perle le ciondolava dal collo, mentre stava infornando le lasagne.
La guardava e scopriva quanto il suo amore per sua madre era grande. Era tutto per lei, era sempre stata tutto, fino a quando la sua vita si era arricchita di qualche battito in più, quando Alessia le aveva sconvolto l’anima.
Era l’ultimo anno di liceo, stavano studiando e una goccia di Tè freddo accarezzò le labbra morbide di Cristina.
Un gesto fatto per caso, senza malizia.
Il pollice di Alessia sulle sue labbra, l’indice della ragazza sotto al suo mento, i loro sguardi che si perdono e le mani di Cristina nei capelli di Alessia.
I cuori fermi, inchiodati all’anima. I centimetri diminuivano e i respiri affannosi si intrecciavano e poi una scossa. Un abbraccio sopito da anni, scoppiato come un incendio, le labbra che si toccavano e le loro bocche che si univano, si cercavano e si trovavano.
I corpi che tramavano e gli occhi pieni di lacrime. Le mani intrecciate come le loro anime ormai indissolubili.
- Da quanto? – chiese Cristina
- Da sempre! – rispose Alessia e poi chiese a sua volta – E tu?
- Anche io, da quando ti conosco.
- E perché non me lo hai detto prima?
- Per paura di me stessa!
Era cominciato così il loro amore che durava da tre anni e per tre anni Cristina avrebbe voluto dire a sua madre quanto era grande la sua felicità, ma la paura di distruggere la sua vita era troppo per il suo coraggio.
- Mà!?
Doveva dirle tutto, non si meritava le sue bugie e soprattutto Alessia non meritava di essere nascosta. Il loro amore era qualcosa di puro, doveva essere vissuto alla luce del sole.
- Ehi ciccia! Allora? Che hai combinato oggi?
Ciccia. La chiamava così da sempre. Erano praticamente cresciute insieme. Non voleva ferirla.
Sonia la guardava e sorrideva. Era orgogliosa di sua figlia, tanto bella e tanto buona. Non avrebbe voluto niente di diverso.
- Senti, ti devo dire una cosa…
- Ah! Allora mi devo preoccupare? – sorrise per darle coraggio.
- no, cioè si… insomma mà voglio dirti che…
- Ciccia sarai mica incinta?
- Se! Dello Spirito Santo! – rispose estenuata.
Sonia rise e continuò:
- Bhè, facendoci un conto, lo Spirito Santo avrebbe dovuto “agire” ad aprile, quindi adesso saresti incinta di cinque mesi… - poi le andò vicino e con la scusa di controllarle il pancino, l’abbracciò teneramente. – E’ piatto, non sei incinta! – le sussurrò in un orecchio.
Cristina si abbandonò a quell’abbraccio e chiuse gli occhi. Doveva parlarle e avrebbe voluto che quell’abbraccio non fosse l’ultimo. Non voleva deluderla e non voleva perderla.
- Mà, mi sono innamorata! – lo disse senza aspettare altro tempo, tra le braccia di sua madre che la cullava delicatamente.
Sonia sospirò e si fermò.
Cristina sentì le mani di sua madre che prima erano aperte sulle sue spalle, chiudersi in due pugni.
Sonia aspirò il suo profumo, in modo intenso e profondo, come volesse imprimere nella mente quella caratteristica di sua figlia.
- Mà!? Stai bene?
- No! – rispose trattenendo le lacrime.
Cristina la senti singhiozzare e disse sommessamente:
- Ehi! Non piangere…
- Dimmi una cosa… sei sicura?
- Si, ma… mamma non è tutto!
Sonia si staccò e la guardò negli occhi. Poi la fece accomodare sul divano. La guardava fissa con un’espressione che non mostrava alcuna emozione.
- Dimmi Cri!
- Mamma io non mi sono… insomma, non è semplice anche se è del tutto semplice e naturale!
- E’ semplice o non lo è? – chiese Sonia nel sentire una frase senza senso.
- Si, è stato semplice innamorarmi, ma è difficile parlartene.
- Perché?
- Potrei deluderti!
Sonia alzò un sopracciglio e tolse gli occhiali da riposo che portava.
- Prova a parlarmene…
- Mà non voglio perderti, ma voglio essere felice.
Sonia la guardò e per un attimo sembrò che il suo cuore volesse uscire dal petto. Dei punti di tutta una vita si stavano allineando come stelle in un cosmo sconosciuto, in una dimensione senza senso e inesplorata.
- Sono innamorata di Alessia!
Cristina ascoltava le sue parole come se la sua anima si fosse staccata dal corpo. Guardava dall’alto quella scena e cominciò a temere il peggio.
Sonia cominciò a mordicchiare l’asticella degli occhiali, poi senza dire una parola si alzò e si diresse in cucina, dove la lasagna stava cuocendo.
- Mamma! Aspetta… dimmi qualcosa! – disse Cristina fermandola con un braccio.
- Non voglio, lasciami sola, ti prego.
Senza aspettare oltre, riprese la sua tracolla e uscì da quella casa e prima di chiudere la porta senti sua madre gridare:
- Cristina!
Era nel vialetto, con la testa rivolta al cielo ormai stellato, mentre le lacrime roventi le rigavano il viso.
La delusione l’aveva sopraffatta, il terrore di aver perso sua madre la stava dilaniando.
Prese il cellulare e chiamò la sua ragazza:
- Ehi amore! – disse singhiozzando
- Amore, dove sei! Ti vengo a prendere! – rispose allarmata Alessia
- Sono nel vialetto di casa, ma non voglio rimanere qui…
- Vengo da te e ce ne andiamo via!
- io e te? Sei sicura?
- Si, fino alla fine del mondo! Con te!
- Cristina! – la voce di Sonia alle spalle della ragazza, mentre Alessia sussultò nel sentirla.
- Mi dispiace mamma! Ti ho delusa, ma non mi vergogno di me stessa.
- Non ti ho mai detto che mi hai delusa!
Cristina si girò e senza staccare la telefonata abbassò il telefono.
- Cosa vuoi dire?
- Ho paura di perderti e ho avuto la certezza di perderti quando mi hai detto di Alessia. – sospirò e le andò vicino per abbracciarla – Sai, anche se non ho molta esperienza nel campo, so riconoscere un amore vero e sincero.
Cristina si sciolse nell’abbraccio di sua madre.
- Vivi la tua vita, amore mio, vivi il tuo amore fino in fondo e invita la tua… - rise nervosamente – mi devo abituare a dirlo, ma ci proverò.
Prese la mano della figlia e parlò al cellulare dicendo imbarazzata:

- Ho preparato la lasagna? Vieni da noi a cena?

 

 

E' severamente vietato riprodurre il contenuto anche parziale di questa pagina senza il consenso dell'autore e di paginerosa.tv.

torna all'home page