MARIA LA SPOSA
Di Lora Delthe
http://mdincff.blogspot.it/2013/07/maria-la-sposa.html
Questa storia è uno di quei racconti che si narrano davanti al fuoco di un falò, in una notte scura e tempestosa, una storia che ti fa battere il cuore, che ti fa scattare ad ogni rumore e perché no, una storia che racchiude la tristezza della verità, basata sulla speranza di una bugia, di una fantasia oppure…
Oppure è la mente che vuole credere, è la fantasia che ci vuole condurre per mano o sono gli occhi che vogliono vedere qualcosa che non c’è, imbavagliano la mente e fanno tacere la scienza.
Questa storia comincia il 30 dicembre 1939…
Sono le otto del mattino e Torre Annunziata, una bellissima città marittima della provincia napoletana, antica meta di vacanza per i patrizi romani, si veglia lentamente sotto un’insolita coltre di neve.
La neve…
La neve che è simbolo della divinità locale, la Madonna della Neve, un bassorilievo pieno di segreti e misteri che da a questa città, speranza per un giorno migliore, speranza per il futuro.
La neve che quel giorno segnerà la fine di molte vite, la neve che soffice, diventerà un comodo giaciglio per i corpi senza vita dei passeggeri di due treni che si scontrano alle otto di quel gelido mattino, alla stazione di Torre Annunziata.
Questa la notizia data dal giornale “La Stampa” dell’epoca:
Scontro ferroviario a Torre Annunziata – Un direttissimo investe un treno locale – 14 morti e 40 feriti – 29 dicembre 1939
“Il treno straordinario per viaggiatori 4030 doveva, verso le 8 di stamane, dare la precedenza in stazione di Torre Annunziata centrale al direttissimo 88, proveniente dalla Calabria, senonchè – per difficoltà di manovra degli scambi a causa del gelo – fu invece stabilito di far proseguire il 4030 fino alla stazione successiva e di fermare il treno 88 nella stazione di Torre Annunziata Centrale. A tale scopo, al segnale di protezione della stazione lato Reggio Calabria era disposto ‘via impedita’. Ma il treno 88 non rispettava il segnale e proseguiva la corsa, investendo in coda il treno 4030, mentre questo si rimetteva in moto. In conseguenza dell’urto si debbono deplorare 14 morti e circa 40 feriti, di cui alcuni in condizioni gravi. Funzionari delle Ferrovie sono sul posto per procedere a una inchiesta”.
All’indomani del grave incidente , così veniva ripresa la notizia:
La sciagura di Torre Annunziata – Le salme visitate dal Ministro Host Venturi – 30 dicembre 1939
“Le salme ed i feriti del disastro di Torre Annunziata sono stati oggi visitati dal Ministro delle Comunicazioni Host Venturi, accompagnato dal Prefetto, dal Federale e dal Podestà. Lunedì avranno luogo i funerali delle vittime e la cittadinanza prepara imponenti onoranze. Alle ore 16 il corteo muoverà dalla chiesa di San Pasquale a Torre Annunziata, dopo una funzione religiosa. Al corteo parteciperanno le rappresentanze delle Forze Armate, le autorità, il clero, le organizzazioni del Partito ed i parenti delle vittime. Nella piazza antistante il cimitero, il corteo sosterà e sarà fatto dal Segretario del Fascio l’appello dei caduti. Una Compagnia delle Forze Armate renderà gli onori alle salme”.
Parlando con alcune persone torresi che ancora ricordano quegli eventi, raccontano che la città tutta si mosse per le onoranze funebri e che a Torre ci fu un grande via vai di personalità. Il disastro ferroviario sconvolse tutta la comunità, che si strinse intorno ai parenti delle vittime con lo spirito di partecipazione e commozione a cui da sempre era incline la popolazione torrese. Nell’occasione intervenne a Torre anche il Principe del Piemonte, come riportato da “La Stampa”.
Lo scontro di Torre Annunziata – Il Principe visita i feriti – 1 gennaio 1940
“Hanno avuto luogo le esequie delle trentuno vittime dell’incidente ferroviario di Torre Annunziata. Le salme (…) sono state collocate su otto autocarri del 10° Autocentro, che si sono diretti verso il cimitero locale. Il corteo era aperto dalla banda del presidio militare. Seguiva un battaglione del 31° Fanteria con bandiera ed altri reparti delle Forze Armate e 320 corone di fiori inviate da enti, autorità, famiglie e amici delle vittime: era in testa quella inviata dal Principe di Piemonte. (…)
Il corteo, imponentissimo, era chiuso da una marca di popolo che seguiva le salme e che era schierato su due ali compatte lungo tutto il percorso”.
Il popolo che venera il culto della morte, il popolo che abbassa la testa, ma si rialza con forza e volontà d’animo, il popolo che si prodiga per dare degna sepoltura a quelle salme, nonostante la miseria di quel tempo.
Tra loro c’erano anche due sposi, si vocifera. Sono due ragazzi in viaggio di nozze. Un sogno d’amore coronato con la speranza di un domani bellissimo, spezzato dall’incapacità del macchinista che non vede o non rispetta la segnaletica.
Oppure è solo il destino, che a volte è tanto crudele che comincia a giocare con la nostra vita quando meno te lo aspetti… la neve a Torre Annunziata, città di sole e di mare, città di caldo ed estate… la neve, si la neve che gela la vita di quattordici persone in un attimo.
Le comari del quartiere si passano la notizie e nel loro dialetto stretto, con quelle parole che quasi sembrano musica, con le vocali aperte e tutto il suono di una popolanità che vive dentro di loro, ma nessuno sa chi sia.
I corpi martoriati da quell’ incidente non possono essere riconosciti, sono tutti uguali e solo pochi hanno un nome.
Le voci si perdono nello strazio di quel tempo, passano gli anni e poi c’è la guerra che irrompe e uccide.
Del disastro ferroviario del 39 rimangono decine di scheletri anonimi, accatastati nell’ossuario pubblico del cimitero di Torre Annunziata, il luogo dove vengono deposte le spoglie terrene, delle anime che in vita erano indigenti, quelle che non avevano familiari che pensassero a loro dopo il trapasso e quelle, come le anime del disastro del 39, che non avevano un nome.
Sono passati più di dieci anni da quella brutta mattina di dicembre.
E’ notte e uno dei figli di quella terra, sta cercando di riposare, sta cercando di scrollarsi di dosso gli affanni di una giornata e cerca di trovare tepore tra le coperte del suo letto, ma qualcuno, proprio quella notte, ha deciso di non tacere più, di mostrarsi e di chiedere aiuto, nell’unico modo che può utilizzare…
- Chi sei? – dice l’uomo con il respiro che gli si ferma in gola.
Il cuore gli batte nelle tempie, sente la pressione salire, non sa se è solo un sogno oppure la realtà.
Ma la vede… è una donna, dall’aspetto gelido e con un’aurea luminosa che contorna la sua figura. Il contrasto tra luce ed ombra non permette di vederla tutta, vede solo la parte superiore del suo corpo e anche quella, in parte è offuscata dal fumo del braciere che si propaga nell’aria di quella stanza.
Il viso è ben visibile: la carnagione bianca come la neve del 1939, l’espressione di sofferenza e poi gli occhi…
Gli occhi sono… gli occhi sono…
<< Madonna mia! Ma dove stanno gli occhi! Ha due buchi neri! Madonna mia, proteggimi tu!>> - il pensiero dell’uomo, quando si accorge di quel particolare inquietante.
- Dimmi chi sei! – urla per spezzare quel silenzio assordante
- Non ti faccio male, non voglio farti male, mi servi… - la voce è gelida come la sua pelle, come se stesse arrivando da un altro mondo
- Che vuoi da me? Come ha fatto ad entrare? Ho chiuso la porta con la sbarra…
- Non ci sono sbarre che possano impedire di entrare! – sorride malinconicamente
- E allora che vuoi! Non ti conosco! – il respiro dell’uomo sempre più affannato e il freddo comincia a diventare caldo, ma la paura lo tiene ancora sotto le coperte.
- Tu mi conosci, come tutti… qui mi conoscono tutti, da dieci anni! Non voglio rubare i tuoi sogni, ma mi devi aiutare…
- Cosa dici? Cosa devo fare?
- Racconta questa storia e aiutami… mi hanno deposta li, tutta scomposta e senza il mio velo. Ce ne sono troppi sopra di me!
- Dove… chi si trova su di te?
- Sto la sotto, dove c’hanno portato tutti e io sto scomoda. Dopo l’ultima catasta, sono la terza contando dal basso… - l’eco della voce della donna rimbomba nella camera per attimi interminabili e il tempo sembra fermarsi e la sua sagoma gelida sparisce nel buio di quella stanza.
Il crepitio del carbone nel misero braciere, riporta alla realtà il povero essere, gelato dalla paura nel proprio letto.
Il mattino sopraggiunge alla sua notte insonne e la sua ansia mista a paura non scappa agli occhi di sua moglie, che si aggira in cucina per preparare il caffè.
- Che succede? Hai una faccia…
L’uomo la guarda spiritato. Era accanto a lui, nel letto, perché non si è svegliata? Perchè non ha sentito le sue urla?
<< E’ stato un sogno, è solo un sogno…>> cercava di calmarsi, ma la sua coscienza glielo impediva.
Era stata talmente reale quell’apparizione che forse…
- Stanotte hai sentito niente? –chiede, cercando di essere quanto più naturale possibile
- No, niente… perché? – risponde sua moglie
- No, così… - la sua risposta vaga che invece di sedare i dubbi di sua moglie, li alimenta di più, infatti, sedendosi accanto a lui e girando lo zucchero nella sua tazzina chiede:
- Casa hai? E non dirmi niente… hai una faccia bianca come un lenzuolo e stai tremando – gli fa notare guardando la tazzina di caffe nelle sue mani tremanti.
L’uomo lascia cadere la tazzina e il suo contenuto e portandosi le mani al volto, le racconta tutto…
- Mamma santa! Ma tu che stai dicendo? L’hai vista e ti ha detto così…
- Si! Te l’ho detto… forse dovrei giocare i numeri a lotto: la morta, il velo, la paura, quanto fanno? Ah si! 47, 55 e 90 – afferma per cercare qualcosa di positivo in quella vicenda.
- No! Sei impazzito? Questa è una cosa seria… se ti ha detto che lo devi raccontare, vuol dire che lo devi fare
- L’ho fatto, l’ho detto a te… - dice, prima di alzarsi e uscire per andare al lavoro.
La donna rimane ferma al tavolo e poi esce di casa, di corsa e si reca da una sua amica.
E’ una storia da raccontare, si deve sapere.
Il popolo di Torre Annunziata diventa un telegrafo senza filo, dopo poco tutta la città è informata.
Le voci delle donne si sono moltiplicate, in quella stanza non si contano; le sagge del paese hanno una risposta:
- Sicuramente era la sposa! Quella dell’incidente della ferrovia… - afferma un’anziana signora
- E dove sta sepolta? Voi lo sapete? – vociano le altre
- Si, nell’ossario pubblico – dice la vecchia signora
- mio marito ha detto che sta dopo l’ultima catasta. E’ la terza dal basso… - cerca di spiegarsi la moglie dell’uomo che ha fatto il sogno.
- Dobbiamo andare a controllare! – decidono insieme
Una commissione di tre donne si reca al cimitero di Torre Annunziata e scendendo giù nell’ossario, vedendo quella miriade di corpi senza nome, un senso di impotenza e disperazione le invade.
Niente si può fare contro la morte, ma qualcosa si può fare per quella povera anima.
Trovano lo scheletro indicato nel sogno e realmente ha dei segni sulla parte superiore che fanno pensare al disastro ferroviario: ci sono delle bruciature e anche delle fratture.
- E’ lei! – dice con un filo di voce una delle tre donne
- Che facciamo? – chiede un’altra
- La seppelliamo come Cristo comanda! – dice la vecchia signora
E’ così che è cominciata la storia di “Maria la sposa”.
Non si sa se il suo nome è reale o gliel’hanno attribuito come voto alla Madonna.
Fatto sta che Maria ha avuto degna sepoltura nell’ossario della Chiesa Madre, l’hanno deposta in un feretro di vetro e l’hanno vestita con un vestito da sposa che una delle donne le ha donato.
Da quel giorno, Maria è diventata il simbolo delle coppie, molti, addirittura hanno affermato che con i suoi “miracoli” protegge gli innamorati e le famiglie.
La credenza popolare ha portato molte persone, migliaia, negli anni seguenti, sulla tomba di Maria la sposa, diventata un luogo di culto, a donare oggetti di valore come simbolo di ex voto.
Ma la credenza popolare, la fede o la sola speranza, a volte, vengono battute dalla miseria e negli anni, purtroppo, la grande popolarità di quello che è diventato un mito ha indotto un gruppo di manigoldi a rapinare le spoglie mortali di Maria.
La tomba venne chiusa all’inizio degli anni 70 e in seguito anche l’accesso all’ossario venne vietato e quello fu veramente un giorno di lutto per tutta la città, perché quel giorno, la razionalità vinceva sulla fantasia.
Sono passati 73 anni dalla sciagura che si portò via le anime di tanti viaggiatori, tra cui c’era anche una giovano donna che sognava una vita d’amore.
Di fronte alla morte, tutto scompare, ma Maria ci dimostra che il mito sopravvive anche alla morte.
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