25° TORINO GLBT FILM FESTIVAL
15-22 aprile 2010
a cura di Odamei
Faccio subitissimo una premessa. Quelle che seguono sono semplici impressioni/ opinioni personali, da spettatrice. Dunque, non aspettatevi analisi o critiche da esperta o quant’altro di cinema. Insomma, questione di gusti, ed è proprio il caso di dire che in quanto a gusti ce ne son stati per tutte.
Cortometraggi
A oscuras
Metafora della contraddizione e degli opposti, solo a parole e significati condivisi. Un blackout elettrico fa sì che l’oscurità porti alla luce segreti e confessioni.
Back to life
Due ragazze discutono di sesso, dopo aver fatto appunto sesso. A volte cerchiamo una definizione quasi fosse un’ancora, o semplicemente per chiarirci le idee in perfetta serenità.
The bets is yet to come
L’elezione di Obama e il referendum californiano per il matrimonio omosessuale. Una ragazza chiede alla sua compagna di sposarla, ma l’altra rifiuta, spaventata da quell’opportunità che non aveva mai considerato, anche a causa della propria cultura.
Blanca tu humedad
Una giovane nuotatrice e l’anziana custode di una piscina si incontrano. Nasce un gioco di sguardi e di seduzione.
Mah.
La capretta di Chagall
Premiato come miglior cortometraggio.
Emma è innamorata di una ragazza, che un pò ci gioca, un pò sembra non vederla. Un’amica della nostra protagonista cerca, con scarsi risultati e con un aiuto “musicale” di convincerla a lasciar perdere. Emma ce la mette tutta, con stratagemmi anche esilaranti, poi all’improvviso decide che è giunto il momento di darci un taglio e, ma guarda che caso, l’altra le confessa ciò che lei avrebbe voluto sentirsi dire prima, o adesso.
Silvia Novelli porta sullo schermo un vivere e un vissuto comuni a molte, e come in altri corti targati Badhole si sorride per l’ironia e spesso perché ci si riconosce nei personaggi e/o nelle loro vicende.
Ciao Meow
Embracing butterflies
Evelyn everyone
Födersedag
Glory to the Conquerors of space
Hammerhead
Lesbos invaders from outerspace
Loving Loretta
Siamo in Texas, in un diner per la precisione. Fra le cameriere i commenti e i pettegolezzi si sprecano. Soprattutto quelli su Loretta, inspiegabilmente single, considerato il suo fascino e la sua abilità nell’arte seduttiva. In realtà Loretta è innamorata di Lilly, che è sposata. Una sera arriva nel locale un gruppo di donne...
Na madrugada
Una donna sulla sessantina, sola. Una donna più giovane. Un bacio improvviso, un intenso desiderio dell’altra. Il risveglio.
Oh my God!
Due ragazzine alle prese con le prime esperienze sessuali. Davvero divertente.
Pauline
Tremble & spark
Volver a verte
Documentari
Annul Victory
Cameroun: sortir du Nkuta
Documentario che ha fra i protagonisti un’avvocata che lotta per difendere i diritti degli omosessuali (in Cameroun gli omosessuali vengono imprigionati).
Cure for love
Feever!
Florent: Queen of the Meat Market
Pisa 1979-2009
La prima storica marcia glbt che ha avuto luogo a Pisa nel 1979. Il documentario contiene immagini d’archivio e interviste ad alcuni dei partecipanti.
Ten More Good Years
Documentario che affronta il tema dell’anzianità all’interno della comunità GLBT. Girato a San Francisco, attraverso le voci di alcune persone omosessuali anziane, racconta delle difficoltà incontrate sia in termini economici e di sussistenza (in caso di morte del partner non si ha alcun diritto), che di assistenza e cura (all’interno delle case di riposo, dove purtroppo spesso ci si trova di fronte all’omofobia e all’abbandono). Le speranze sono riposte nei giovani, in termini di aiuto e di lotta per l’ottenimento dei diritti.
Ti sposo entro l’anno
Il matrimonio, la promessa di Antonella e Debora, “documentata” e vista a distanza di tempo e dai “clamori” e gioie di quel momento, è ancora più emozionante.
Verliebt, verzopft, verwegen
Tre donne lesbiche anziane raccontano la Vienna degli anni Cinquanta e Sessanta. Dove si incontravano, come vivevano.
Lungometraggi
And then came Lola
Alla Lola del titolo, che sembra non debba arrivare mai alla meta, ne succedono d’ogni genere. La sua è una lotta contro il tempo e una corsa senza sosta, interrotta da vari ostacoli.
La nostra protagonista, che come professione principale fa la fotografa, e come secondo lavoro la ritardataria, ha in programma un incontro con la sua ragazza, Casey, al quale non può assolutamente mancare, anche perché incombe una diretta concorrente al cuore della fanciulla. Ma, fusi orari, cani inferociti ai padroni, mezzi di trasporto fuori uso e così via, costringono Lola ad ingaggiare una battaglia con le lancette, lungo le strade di San Francisco (come il titolo dell’omonimo telefilm che andava in onda negli anni Settanta).
D’obbligo citare “Lola corre”, film da cui è stata tratta ispirazione, immaginando un parallelo tra le due Lole, Franka Potente e Ashley Sumner. Prodotto dalla Fast Girl Films. Divertente.
Hannah Free
Con Prayers for Bobby, un altro duro colpo alla mia scorta di kleenex. Rivedere Sharon Gless mi fa pensare alla serie tv “Cagney & Lacey”, con conseguente parentesi nostalgica.
Hannah e Rachel si conoscono fin dalla più tenera età e hanno vissuto insieme nella stessa cittadina. Crescendo si sono innamorate, ma mentre Hannah ha sfidato ogni convenzione e non ha mai nascosto di essere lesbica, Rachel si è sposata con un educatore religioso. Nonostante abbiano condotto un’esistenza diversa – Hannah spirito libero amante dell’avventura, Rachel moglie e casalinga forte e risoluta – le due donne non hanno mai smesso di amarsi.
Ora, a distanza di anni, si trovano entrambe nella stessa casa di riposo. Rachel è in coma e i suoi familiari non permettono ad Hannah di vederla. Attraverso continui flashbacks e rimandi tra presente e passato, vediamo lo svolgersi della loro storia d’amore nel corso degli anni, che è resistita contro tutto e tutti.
In aiuto di Hannah arriva infine Greta, giovane nipote di Rachel, nonché lesbica dichiarata, che vuole aiutare la donna affinché riesca a vedere Rachel.
Je te mangerais
Manifesto
Marie lascia la casa dei genitori per trasferirsi a Lione dove studierà pianoforte. Lì alloggia presso un’amica d’infanzia, Emma, che con il passare del tempo si innamora dell’amica e vive questo sentimento in modo molto morboso. Marie non sa bene cosa vuole, un momento sembra condividere l’attrazione verso Emma, un momento dopo scappa. Insomma un tira e molla e tira che non fa che alimentare la tensione. Dunque abbiamo un’innamorata ossessionata/ossessiva, un’incerta/mi fa quasi comodo star così. Cosa manca? Che Marie cominci ad uscire con un compagno di Conservatorio; via che partono le dissonanze di una sinfonia del disastro.
Isild Le Besco è come sempre bravissima, ma entrambe le attrici protagoniste hanno interpretato i loro personaggi riuscendo a rendere palpabile cosa stavano vivendo, quel Je te mangerais del titolo acquista decisamente un senso, alla fine si ha più l’idea che una voglia “inglobare” l’altra in sé.
Un tantino inquietante.
El niño pez – Lucía Puenzo
Tratto dall’omonimo romanzo. Buenos Aires. Lala si innamora di Guayi, che è stata assunta dai suoi genitori come domestica. Le due ragazze progettano di fuggire insieme e di andare in Paraguay, per la precisione sul Lago Ypoà. Per realizzare i loro sogni iniziano a rubare e accumulare denaro, ma la strada verso il Paraguay si rivela lastricata di ostacoli, imprevisti e sorprese.
Nonostante abbia vinto il Premio Ottavio Mai assegnato alla Giuria del Festival al miglior lungometraggio, non mi ha fatta granché impazzire, ma si tratta come al solito di una questione di gusti personali.
Quanto dura o amor ? – regia Roberto Moreira
Tre storie di amore/innamoramento che hanno come protagonisti una lesbica, una transessuale e uno scrittore etero che vivono nello stesso palazzo a Saõ Paulo. Marina, aspirante attrice, si innamora di Justine, musicista rock bisessuale, e fra le due nasce e si sviluppa una burrascosa relazione. Suzana, avvocato e compagna di stanza di Marina, ha anche lei una relazione iniziata da poco. Infine Jay, uno scrittore che abita al piano superiore, è innamorato di una donna che non ricambia il suo sentimento.
Ben scritto e interpretato.
The Owls – regia Cheryl Dunye
Sono trascorsi dieci anni da quando The Screech erano una famosa band rock. Ora Iris e Lily, che ne erano le cantanti, MJ, la produttrice e Carol che sta con Lily, conducono un’esistenza piuttosto inquieta e noiosa, poco sesso, molta droga, poco rock’n’roll. Ad agitare le acque nel deserto con effetto maremoto, durante una festa, giunge la giovane Cricket, alle cui grazie non resta indifferente Iris. Peccato che quest’ultima sia stata e in un certo modo sia ancora la compagna di MJ, che la prende malissimo. Ne segue una discussione violenta e Cricket rimane uccisa. Come spesso succede quando si combina un guaio colossale, il gruppo “odio e rancore” si trasforma in un esempio di collaborazione e cooperazione per sbarazzarsi del corpo della giovane. Alla fine non tutto è filato liscio come sembra e qualcuna si presenta a reclamare il conto.
Personalmente l’ho trovato abbastanza sottotono, nel senso che da Cheryl Dunye e Guinevere Turner mi aspetterei qualcosina in più. Ndr Guinevere Turner e M.S. Brodie hanno già recitato insieme in Go Fish.
Prayers for Bobby
Come per “Hannah Free”, molta commozione. Sigourney Weaver è davvero immensa nella sua interpretazione, ma tutti gli attori meritano più di un plauso.
Siamo nei primi anni Ottanta. Bobby si confida con il fratello maggiore dicendogli di essere gay. Non ci vuole molto prima che la madre, religiosa, praticante, osservante, insomma concentrato di tutti quegli aspetti terribili riguardanti le religioni, lo venga a sapere e sconvolta, decida che il ragazzo debba guarire (vi dice qualcosa l’attualissima espressione “terapie riparative”?). E chi di meglio può guarirlo se non la chiesa? (la binetti non l’avevano ancora inventata. Chiudo la parentesi prima di lasciarmi prendere la mano dall’indignazione). Bobby asseconda ogni richiesta della madre, dilaniato sempre più dai sensi di colpa per la propria omosessualità, che la chiesa condanna duramente. Quando conosce un ragazzo e se innamora si rende conto che non potrà mai essere come la madre desidera, e in un momento di piena crisi depressiva si suicida. Mary è sconvolta e lo è ancora di più quando si rende conto che la chiesa non sa darle le risposte che cerca. Risposte che comincerà ad avere solo nel momento in cui inizierà a frequentare la comunità omosessuale. Nelle sequenze finali del film, Mary Griffith sfila a San Francisco con il P-FLAG (Parents, Families, & Friends of Lesbians and Gays) e l’abbraccio ad uno dei ragazzi che assistono alla sfilata è davvero commovente. Il film è tratto da una storia vera e secondo me dovrebbe essere proiettato ovunque e ripetutamente.
Maria Beatty
Bandaged
Lucille vive con il padre e la nonna, due bei personaggini che, al pari della casa in cui abitano, hanno un che di molto inquietante con sfumature tendenti all’horror. La ragazza vorrebbe dedicarsi agli studi letterari, invece il padre, medico, ha già deciso che compirà quelli scientifici. Lucille, umiliata, la prende decisamente male, tenta il suicidio sparandosi e rimane orribilmente sfigurata da un’ustione di terzo grado. Il padre padrone e despota, decide di provvedere lui stesso alle “cure”, con l’aiuto macellaia, la nonna, e assume un’infermiera che si occupi di Lucille. Col trascorrere del tempo, tra Lucille e Joan, questo il nome dell’infermiera, si crea un’alleanza che si trasforma molto velocemente in attrazione e passione. Passione che dovrà fare i conti, più che con le bende, con i due loschi figuri, padre e nonna. Ndr Io ho fatto un tifo sfrenato per Lucille e Joan. Ndr2 non vogliatemene: la Dombrowsky ha le smagliature.
Ecco, credo di essere un pò una voce fuori dal coro, riguardo questo film. Nel senso che non l’ho trovato affatto disprezzabile, mentre dai commenti sentiti, pare abbia deluso gran parte del pubblico.
Che la Beatty sia una regista molto “particolare” è fuori di dubbio. I suoi film hanno degli aspetti che possono quantomeno “disturbare” e risultare indigesti, soprattutto ad un pubblico poco pronto o avvezzo ad un certo tipo di cinematografia (la Beatty è una sorta di dea-ex machina che scrive, gira, produce le sue opere, film porno/erotici con marcate connotazioni fetish, s/m etc.; si potrebbe quasi dire che le opere presentate al festival, siano fra le più “leggere” della sua produzione).
A parte la persistente inquietudine di fondo, mi sono sembrati ben rappresentate le relazioni, mi verrebbe quasi da scrivere le dipendenze, tra i vari personaggi e i due diversi modi di “prendersi cura” della ragazza.
Belle de nature
Vedi scheda
Boy in a bathtub
Ecstasy in Berlin, 1926
vedi scheda
Non ho una particolare avversione per gli aghi, ma la scena iniziale mi fa leggermente senso. Per la sinossi e i particolari rimando alla scheda del film. Sulla regista ripeto le considerazioni fatte in precedenza. Se non si ama particolarmente il genere, questo film è un pò “pesantino” da guardare fino alla fine.
Sex Mannequin
E sempre a proposito di “pesantezza”, qui siamo decisamente in crescendo. Come detto in precedenza, il genere della Beatty non è esattamente “film da guardare sul divano rilassate e coccolate/coccolose”. Sarà piaciuto e piacerà indubbiamente alle amanti di fetish, bdsm etc. Per il resto del pubblico, una tortura. Ecco.
Ah, dimenticavo. Le due protagoniste ci offrono una performance di sesso con varianti ed eventuali. Il corpo femminile è privato della personalità, dotato di quel significato di oggetto con il quale è purtroppo troppo spesso identificato. Personalmente, avendo visto alcuni film di registe come Monika Treut (vedi ad esempio “Verfuhrung: die grausame Frau), ho cercato di approfondire il lavoro della Beatty. Trovo che alcuni script siano validi, concettualmente e metaforicamente non sono da buttare via. Purtroppo l’impatto visivo rimane molto forte e risulta spesso disturbante.
Patricia Rozema
Desperanto
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Serie web
We have to stop now – Robyn Dettman
Interpreti principali le attrici Jill Bennett e Cathy De Buono (la mia informatrice di gossip mi ha riferito che le due fanciulle sono “out” e fidanzate), già viste in “And then came Lola”. Tra l’altro la Bennett ha interpretato “In her line of fire” con Mariel Hemingway (il film non è un granché, ma merita un’occhiata e non dico il perché onde evitare spoiler per chi non l’avesse visto).
Comunque, veniamo a “We have to stop now”, serie web in cui le nostre protagoniste hanno appena pubblicato un libro sul matrimonio e sugli ingredienti per la sua riuscita e mantenimento. Per la sacra regola delle contraddizioni la coppia sta per divorziare, con disappunto di Susan, la terapeuta delle due (un duro colpo al suo ego professionale). Visto il successo del libro, Dyna e Kit vengono riprese da una troupe per la produzione di un documentario. E giusto per aggiungere ancora una buona dose di guai, arriva a casa loro la sorella di Kit. Dunque la due ragazze decidono di fare un tentativo per rimettere in sesto la loro relazione.
Trattandosi di una serie nata per e sul web, vista in sala (ehm, tralasciamo alcuni inconvenienti) mi è sembrata un pò fiacca, ma a parte un pò di sbadigli nell’insieme è abbastanza godibile. Consiglio comunque di vederla sul web.
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